In qualità di alunni del Collegio universitario Ghislieri di Pavia scriviamo con l'intento di mettervi a conoscenza della lettera aperta in cui abbiamo esposto i nostri dubbi e le nostre perplessità riguardo alla riforma universitaria, da poco entrata in vigore, come già fatto dalle Scuole Superiori Normale e Sant'Anna. La lettera è stata spedita al ministero dell'Università e della Ricerca, in quanto siamo legalmente riconosciuti come ente di alta qualificazione culturale, e al Presidente della Repubblica, essendo il nostro collegio sotto il suo Alto Patronato.
Nella stesura del documento abbiamo dato particolare rilievo ai tagli del 50% ai collegio universitari previsti nella legge di bilancio, all'inesistenza di criteri atti a selezionare l'ingresso di soggetti privati nelle università, alla difficile situazione della ricerca e dei ricercatori, ai tagli alle borse di studio e all'introduzione del prestito d'onore.
Speriamo, soprattutto in questo momento in cui la grave situazione dell'università rischia di essere trascurata, che non si dimentichi quanto la questione riguardi il futuro di tutti e non soltanto di noi studenti.
Al Presidente della Repubblica Italiana.
Al Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.
Tramite questa lettera, come alunni del Collegio Ghislieri, intendiamo prendere posizione riguardo alla legge n.240/10 approvata dal Parlamento. Pur condividendone i principi ispiratori, ed essendo ben consapevoli della necessità di introdurre criteri meritocratici nella gestione delle risorse e del personale all'interno degli Atenei, riteniamo che essi non abbiano trovato una realizzazione effettiva.
La questione più importante che vorremmo sottolineare, come giusta prospettiva dalla quale valutare il problema, è la situazione di sottofinanziamento in cui versa il sistema universitario italiano rispetto ai partner europei.(1)
In questo contesto è difficile capire come la ricerca italiana potrà essere competitiva nel mondo, a fronte della disparità di risorse investite. Questo ci pare tanto più preoccupante in un periodo di crisi, in cui essa dovrebbe essere rilanciata. Del resto, che il sistema italiano abbia un grande potenziale lo si può intuire osservando, ad esempio, come i ricercatori italiani impegnati all'estero siano, insieme ai tedeschi, i vincitori più frequenti dei concorsi altamente competitivi indetti dallo European Research Council, per la distribuzione di finanziamenti europei. (2)
In merito alla riforma, prendiamo atto dei dubbi sollevati nell'analisi del Comitato Tecnico per la Legislazione della Camera e temiamo che il procedere per ulteriore stratificazione sopra un accumulo normativo, determinatosi in decenni, possa paralizzare con il caos normativo le iniziative degli Atenei. Esprimiamo la nostra preoccupazione nel constatare come, in diversi punti, i criteri meritocratici promessi non vengano precisati, ricorrendo piuttosto ad un ampio sistema di deleghe al Governo.
Comprendiamo l'esigenza di inserire nel consiglio di amministrazione figure professionali in grado di gestire con razionalità le risorse disponibili. Ci preoccupa però l'inesistenza di criteri rigidi ed oggettivi nella loro scelta: ai componenti della rappresentanza esterna all'Ateneo viene richiesta una non meglio precisata ``comprovata esperienza gestionale'', ovvero una ``esperienza professionale di alto livello'' (art. 2 comma 1, i), e null'altro.
Non è difficile immaginare come la libera interpretabilità di queste richieste possa aprire la strada all'ingresso nelle Università di soggetti i quali, nel vigilare sulla sostenibilità finanziaria delle iniziative, avranno potere di orientare l'attività accademica nei settori in cui appare economicamente più promettente; peggio: temiamo che nelle decisioni possano esservi ingerenze dovute ad interessi personali. Infine, non comprendiamo come la ricerca di base, che nei suoi risvolti tecnologici ha forgiato la società così come la conosciamo, venga tutelata (non essendo un investimento in grado di generare utile sul breve-medio termine), né come consiglieri digiuni dei relativi settori disciplinari possano assumere posizioni scientificamente consapevoli.
Il tenure track, si legge nel documento di presentazione del ddl al Senato del 25 novembre 2009, mira a ``evitare un precariato stabile e a consentire esclusivamente ai meritevoli di proseguire l'attività di ricerca''. Noi studenti che ci affacciamo sul mondo dell'università vediamo con favore l'introduzione di criteri meritocratici nell'accesso ai ruoli, purché tali criteri (che il Governo si è riservato di fissare) siano accompagnati da garanzie: un trattamento economico dignitoso del ricercatore e la conseguente assunzione a fronte del rispetto dei suddetti criteri. Il percorso delineato nella legge ci pare piuttosto un lungo precariato (fino a 8 anni, avendo già conseguito laurea magistrale e dottorato di ricerca), la cui meta è vincolata nell'art. 24 comma 5 all'effettiva disponibilità di risorse. (3)
Troviamo contraria ai principi fondanti, richiamati all'art. 1 della legge, l'introduzione della norma che prevede la restituzione, al termine degli studi, dei premi di studio (art. 4, comma 1, b), ovvero di una forma di indebitamento con la quale gli studenti meno abbienti entreranno nel già complesso mondo del lavoro.
Più in generale non comprendiamo come si possa accompagnare alla riforma, nel contesto dei principi fondanti già richiamati, il taglio previsto nella Legge di Stabilità 2011 del fondo integrativo per le borse universitarie, che passa dai 246 milioni di euro del 2009 ai previsti 26 del 2011. Queste norme, a nostro giudizio, si muovono in direzione opposta rispetto alla piena realizzazione della nostra Costituzione, secondo la quale ``i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi''.
Tantomeno comprendiamo come possa giustificarsi, nell'ideale meritocratico, il taglio del finanziamento ai collegi universitari. Ci riferiamo alla Legge di Bilancio per il triennio 2011-2013, che riduce lo stanziamento ai collegi: la disponibilità passa da 27.4 a 13.8 milioni. Eppure il testo della legge, all'art. 5 comma 1, riporta, tra gli interventi per la qualità del sistema universitario, la ``valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti''. Ricordiamo che il Collegio Ghislieri è sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed è riconosciuto dal Ministero dell'Università e della Ricerca come ente di alta qualificazione culturale.
In una situazione di crisi, come quella italiana ed europea, la ricerca e l'investimento sull'eccellenza sono il motore propulsivo dell'innovazione e della competitività. Auspichiamo si tenga conto di questo nel formulare i decreti attuativi della riforma, sperando che almeno alcuni dei punti critici che ci pare di aver individuato vengano corretti, e che si rifletta sull'importanza e la necessità di rifinanziare, oltre che razionalizzare, il sistema universitario.
Gli alunni del Collegio Ghislieri
Note:
1. Un dato piuttosto eloquente è l'1.2% del PIL italiano investito in Ricerca e Sviluppo, confrontato con le percentuali più alte degli altri Paesi europei (Francia: 2%, Germania: 2.65%, Regno Unito: 1.77%, dati OECD).
2. Fonte EUROSTAT, in una classifica che comprende Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Svizzera, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Israele.
3. Anche l'art. 18 comma 2, cui l'art. 24 rimanda, fa riferimento alle disponibilità di bilancio.
Nella stesura del documento abbiamo dato particolare rilievo ai tagli del 50% ai collegio universitari previsti nella legge di bilancio, all'inesistenza di criteri atti a selezionare l'ingresso di soggetti privati nelle università, alla difficile situazione della ricerca e dei ricercatori, ai tagli alle borse di studio e all'introduzione del prestito d'onore.
Speriamo, soprattutto in questo momento in cui la grave situazione dell'università rischia di essere trascurata, che non si dimentichi quanto la questione riguardi il futuro di tutti e non soltanto di noi studenti.
LETTERA APERTA
Al Presidente della Repubblica Italiana.
Al Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.
Tramite questa lettera, come alunni del Collegio Ghislieri, intendiamo prendere posizione riguardo alla legge n.240/10 approvata dal Parlamento. Pur condividendone i principi ispiratori, ed essendo ben consapevoli della necessità di introdurre criteri meritocratici nella gestione delle risorse e del personale all'interno degli Atenei, riteniamo che essi non abbiano trovato una realizzazione effettiva.
La questione più importante che vorremmo sottolineare, come giusta prospettiva dalla quale valutare il problema, è la situazione di sottofinanziamento in cui versa il sistema universitario italiano rispetto ai partner europei.(1)
In questo contesto è difficile capire come la ricerca italiana potrà essere competitiva nel mondo, a fronte della disparità di risorse investite. Questo ci pare tanto più preoccupante in un periodo di crisi, in cui essa dovrebbe essere rilanciata. Del resto, che il sistema italiano abbia un grande potenziale lo si può intuire osservando, ad esempio, come i ricercatori italiani impegnati all'estero siano, insieme ai tedeschi, i vincitori più frequenti dei concorsi altamente competitivi indetti dallo European Research Council, per la distribuzione di finanziamenti europei. (2)
In merito alla riforma, prendiamo atto dei dubbi sollevati nell'analisi del Comitato Tecnico per la Legislazione della Camera e temiamo che il procedere per ulteriore stratificazione sopra un accumulo normativo, determinatosi in decenni, possa paralizzare con il caos normativo le iniziative degli Atenei. Esprimiamo la nostra preoccupazione nel constatare come, in diversi punti, i criteri meritocratici promessi non vengano precisati, ricorrendo piuttosto ad un ampio sistema di deleghe al Governo.
Comprendiamo l'esigenza di inserire nel consiglio di amministrazione figure professionali in grado di gestire con razionalità le risorse disponibili. Ci preoccupa però l'inesistenza di criteri rigidi ed oggettivi nella loro scelta: ai componenti della rappresentanza esterna all'Ateneo viene richiesta una non meglio precisata ``comprovata esperienza gestionale'', ovvero una ``esperienza professionale di alto livello'' (art. 2 comma 1, i), e null'altro.
Non è difficile immaginare come la libera interpretabilità di queste richieste possa aprire la strada all'ingresso nelle Università di soggetti i quali, nel vigilare sulla sostenibilità finanziaria delle iniziative, avranno potere di orientare l'attività accademica nei settori in cui appare economicamente più promettente; peggio: temiamo che nelle decisioni possano esservi ingerenze dovute ad interessi personali. Infine, non comprendiamo come la ricerca di base, che nei suoi risvolti tecnologici ha forgiato la società così come la conosciamo, venga tutelata (non essendo un investimento in grado di generare utile sul breve-medio termine), né come consiglieri digiuni dei relativi settori disciplinari possano assumere posizioni scientificamente consapevoli.
Il tenure track, si legge nel documento di presentazione del ddl al Senato del 25 novembre 2009, mira a ``evitare un precariato stabile e a consentire esclusivamente ai meritevoli di proseguire l'attività di ricerca''. Noi studenti che ci affacciamo sul mondo dell'università vediamo con favore l'introduzione di criteri meritocratici nell'accesso ai ruoli, purché tali criteri (che il Governo si è riservato di fissare) siano accompagnati da garanzie: un trattamento economico dignitoso del ricercatore e la conseguente assunzione a fronte del rispetto dei suddetti criteri. Il percorso delineato nella legge ci pare piuttosto un lungo precariato (fino a 8 anni, avendo già conseguito laurea magistrale e dottorato di ricerca), la cui meta è vincolata nell'art. 24 comma 5 all'effettiva disponibilità di risorse. (3)
Troviamo contraria ai principi fondanti, richiamati all'art. 1 della legge, l'introduzione della norma che prevede la restituzione, al termine degli studi, dei premi di studio (art. 4, comma 1, b), ovvero di una forma di indebitamento con la quale gli studenti meno abbienti entreranno nel già complesso mondo del lavoro.
Più in generale non comprendiamo come si possa accompagnare alla riforma, nel contesto dei principi fondanti già richiamati, il taglio previsto nella Legge di Stabilità 2011 del fondo integrativo per le borse universitarie, che passa dai 246 milioni di euro del 2009 ai previsti 26 del 2011. Queste norme, a nostro giudizio, si muovono in direzione opposta rispetto alla piena realizzazione della nostra Costituzione, secondo la quale ``i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi''.
Tantomeno comprendiamo come possa giustificarsi, nell'ideale meritocratico, il taglio del finanziamento ai collegi universitari. Ci riferiamo alla Legge di Bilancio per il triennio 2011-2013, che riduce lo stanziamento ai collegi: la disponibilità passa da 27.4 a 13.8 milioni. Eppure il testo della legge, all'art. 5 comma 1, riporta, tra gli interventi per la qualità del sistema universitario, la ``valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti''. Ricordiamo che il Collegio Ghislieri è sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed è riconosciuto dal Ministero dell'Università e della Ricerca come ente di alta qualificazione culturale.
In una situazione di crisi, come quella italiana ed europea, la ricerca e l'investimento sull'eccellenza sono il motore propulsivo dell'innovazione e della competitività. Auspichiamo si tenga conto di questo nel formulare i decreti attuativi della riforma, sperando che almeno alcuni dei punti critici che ci pare di aver individuato vengano corretti, e che si rifletta sull'importanza e la necessità di rifinanziare, oltre che razionalizzare, il sistema universitario.
Gli alunni del Collegio Ghislieri
Note:
1. Un dato piuttosto eloquente è l'1.2% del PIL italiano investito in Ricerca e Sviluppo, confrontato con le percentuali più alte degli altri Paesi europei (Francia: 2%, Germania: 2.65%, Regno Unito: 1.77%, dati OECD).
2. Fonte EUROSTAT, in una classifica che comprende Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Svizzera, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Israele.
3. Anche l'art. 18 comma 2, cui l'art. 24 rimanda, fa riferimento alle disponibilità di bilancio.